di Salvo Barbagallo
Il pericolo “terrorismo” pare che corra soltanto sugli schermi televisivi e sui giornali, quanto meno per quanto concerne l’Italia. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano si affanna a spiegare le misure di sicurezza che il nostro Paese sta adottando per scongiurare qualsiasi attacco jihadista possa essere tentato sul nostro territorio, e parla anche delle espulsioni di individui non “desiderati” che quasi quotidianamente vengono effettuate 102 le espulsioni di “soggetti evidenziati per radicalizzazione o sostegno ideologico alla jihad” avvenute in Italia dal primo gennaio 2015. Di questi 102 espulsi, (otto erano imam).
I primi a disinteressarsi delle relazioni del ministro Alfano sono gli stessi politici che dovrebbero avere a cuore le sorti della collettività nazionale (a Palazzo Madama, durante un question time, presenti solo ventuno senatori). Poi, a conti fatti, è la stessa collettività che sembra tenere lontano il “problema”, quasi sicuramente, o semplicemente “forse”, per esorcizzare il timore che qualcosa di grave possa verificarsi anche fra noi. Siamo in Estate, è il tempo del dovuto riposo, di una giusta pausa dalle attività lavorative, e quindi è comprensibile che gli Italiani pensino a come trascorrere degnamente le vacanze.
Ma il “pericolo terrorismo ijhadista” c’è veramente in Italia? È un errore ritenere che l’Italia possa essere “immune” dalle azioni sconsiderate di fanatici criminali che cercano di “realizzarsi” uccidendo propri simili? Angelino Alfano ribadisce: Finora la situazione dell’Italia si è rivelata sicura: gli italiani devono essere certi che giorno e notte lavoriamo per rendere il Paese più sicuro. Ci sono fatti di emulazione, di allarme, non immaginate quante telefonate di italiani riceviamo che raccontano sospetti, ma preferiamo così al fatto che accada qualcosa di negativo (…). Dal canto suo il presidente del Copasir, Giuseppe Esposito, evidenzia: È iniziato lo scontro di religione. E il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sostiene: Nessuno può sentirsi immune dalla minaccia del terrorismo (…).
Ieri (29 luglio), sul quotidiano La Stampa, Grazia Longo ha scritto: La Siria non è soltanto la centrale di reclutamento e indottrinamento delle cellule del terrorismo organizzato, ma anche dei lupi solitari. Il filo jihadista degli ultimi attentati, a Nizza, a Ansbach e a Rouen porta dritto a Raqqa. Dal lavoro dell’intelligence community europea emerge infatti un legame diretto tra gli autori delle ultime stragi e centri siriani del Califfato. Un elemento che alza il livello di allarme nel nostro Paese per la caccia ai complici dello stragista di Nizza, passati anch’essi per l’Italia. I movimenti sul nostro territorio da parte di quattordici extracomunitari che hanno avuto contatti con Bouhlel sono al vaglio della nostra intelligence e, per quattro casi specifici, della procura di Roma. Il pm Francesco Scavo ha infatti aperto un fascicolo per la morte dei sei italiani a Nizza e sta coordinando il lavoro dei carabinieri del Ros e della polizia dello Sco per ricostruire eventuali spostamenti dei quattro nordafricani. Ma ora l’ipotesi di una regia partita direttamente dalla Siria rende il quadro ancora più complesso e inquietante (…).
Ebbene, a quel che è dato constatare, la collettività italiana non ha la “percezione” del pericolo, anche se segue con attenzione quanto accade nei Paesi vicini, e si raccapriccia davanti alla visione delle strage che inesorabilmente le scorrono davanti agli occhi sui piccoli o grandi schermi tv.
C’è da augurarsi che duri a lungo l’attuale “stato di grazia” che attraversa tutto il nostro Paese, e certamente non solo per poter godere in serenità il periodo delle vacanze.